Lo ha confermato il Tribunale di Roma accogliendo il ricorso presentato da un dipendente della P.A. tramite il nostro studio: al di là del comportamento del lavoratore, va valutata la coscienza e la volontà dello Stesso di trasgredire agli obblighi impartiti dal datore, anche in termini di prevedibilità della violazione.
Ai fini della legittimità della sanzione disciplinare – sostiene il Giudice del Lavoro – si deve valutare il comportamento del prestatore di lavoro nel suo contenuto oggettivo ma anche nella sua portata soggettiva, e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stata posta in essere la condotta, ai modi, agli effetti e all’intensità dell’elemento volitivo dell’agente.
In caso di mancanza di elemento soggettivo, non risulta integrata la sussistenza del comportamento disciplinarmente rilevante e la sanzione deve ritenersi illegittimamente irrogata.
Sulla scorta della detta interpretazione, la sanzione disciplinare è stata annullata.