Lo confermano due recenti sentenze della Sez. III della Suprema Corte
La liquidazione del danno parentale dev’essere ottenuta applicando le tabelle redatte dal Tribunale di Milano, che adottano il sistema a punti. È possibile applicare criteri diversi, o tabelle diverse, come quelle redatte dal Tribunale di Roma che restano astrattamente adottabili, ma deve essere data congrua motivazione.
La questione, pertanto, era quella di stabilire quale delle tabelle disponibili dovesse essere scelta.
Le tabelle redatte dal tribunale di Milano hanno ora acquistato una sorta di “efficacia para-normativa” ad opera della medesima Suprema Corte. Essendo, quindi, un parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale, forniscono una sorta di copertura normativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., al punto che l’omessa o erronea loro applicazione può essere fatta valere in sede di legittimità come violazione di legge.
Fermo restando tale loro peso, è comunque consentito discostarvisi, non essendo al cospetto di una fonte normativa in senso stretto. Questo allontanamento è quindi consentito, a condizione che la specificità del caso concreto lo richieda e lo giustifichi, e che nella sentenza ne sia fornita congrua motivazione.
In particolare, la motivazione del discostamento dalle tabelle milanesi dovrà coprire il fatto che il diverso parametro prescelto non seguirà il criterio di quantificazione basato sul sistema c.d. a punti. Infatti, tale è il sistema a cui è informata la tabella in questione, che, secondo la Suprema Corte, con riferimento al danno parentale è il criterio da prediligere perché più corretto. È anche per questa ragione che le tabelle milanesi hanno ottenuto il suddetto riconoscimento para-normativo, in quanto considerano in modo congiunto entrambi le voci del danno biologico e del danno morale, secondo un criterio che garantisce maggiore uniformità e prevedibilità di giudizio a fronte di casi analoghi. La liquidazione del danno parentale senza il riferimento del sistema a punti si espone al rischio di censura di legittimità, laddove sprovvisto di quella congrua motivazione che tenga conto delle sfaccettature del caso concreto.